martedì 14 maggio 2019

Kant e i nuovi compiti del pensiero

Kant è uno degli esponenti del pensiero occidentale, a cui ha dato un'impronta nuova segnando una vera e propria svolta nel panorama filosofico moderno. Kant capovolge i rapporti tra soggetto e oggetto del processo conoscitivo, assegnando un ruolo fondamentale al primo nell'elaborazione dell'esperienza.

Nato nel 1724 a Königsberg, non uscì mai dai confini della sua città, dedicandosi prevalentemente allo studio e all'insegnamento universitario. Quindi, diversamente dalla maggior parte dei filosofi moderni, non viaggiò e non si fece coinvolgere in attività politiche o diplomatiche.

Proverbiale è rimasta la sua puntualità. Si alzava ogni mattina alle cinque. Il suo domestico lo svegliava alle quattro e tre quarti e non usciva dalla camera se non dopo un quarto d'ora. La giornata proseguiva inflessibile con una successione regolare di attività: la colazione, lo studio e le lezioni all'università (Kant insegnava non solo filosofia, ma anche matematica e fisica, geografia e mineralogia, meccanica e diritto). Il pomeriggio, dopo il pranzo, s'intratteneva con gli amici, per poi andare a dormire alle dieci di sera. Si tramanda che i cittadini di Königsberg regolassero i propri orologi sui suoi movimenti.

La fase precritica e il risveglio dal sonno dogmatico

L'opera fondamentale di Kant è la Critica della ragion pura; a essa seguono la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio
In questo primo periodo Kant si forma sui testi razionalisti e degli empiristi. Analizzando a fondo i principi delle due correnti Kant comincia a nutrire i primi dubbi sulla validità della metafisica, fino a dichiarare di essere stato svegliato dal "sonno dogmatico" grazie alla lettura di Hume.

La fase del criticismo

Nel 1781 Kant dà alle stampe la prima edizione della Critica della ragion pura, ma che non viene accolto con favore dal pubblico, anche a causa della difficoltà del linguaggio oscuro e complesso. Negli anni seguenti, che caratterizzano appunto la fase del criticismo, Kant si dedica totalmente allo studio, seguendo uno stile di vita ritirato che lo isola dal resto del mondo. Nel 1787 pubblica la seconda edizione della Critica della ragion pura, a cui seguono la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio.

La struttura della Critica della ragion pura

La Critica della ragion pura è un trattato sistematico che risponde a un'esigenza metodologica fondamentale: secondo Kant, infatti, la sistematicità è un requisito indispensabile per ogni conoscenza scientifica. La rigorosa struttura dell'opera riflette l'architettura della ragione umana, soggetto e oggetto dell'indagine di Kant.

La Critica della ragion pura è suddivisa in due parti: 

  1. la Dottrina degli elementi, che procede alla scomposizione della ragione nelle sue parti fondamentali, gli elementi "puri" o "a priori" del conoscere;
  2. la Dottrina del metodo, che si riferisce al metodo di applicazione dei suddetti elementi formali.


La Dottrina degli elementi si spartisce a sua volta in Estetica trascendentale e Logica trascendentale. La prima analizza la conoscenza sensibile e le sue forme a priori; la seconda, invece, studia il pensiero e le sue regole.
La Logica trascendentale si suddivide a sua volta in Analitica trascendentale, che ha come oggetto specifico gli elementi di base dell'intelletto puro, e Dialettica trascendentale, che ha come oggetto la facoltà della ragione e i suoi principi.

L'Estetica trascendentale

Nell'Estetica trascendentale Kant analizza la sensibilità e le sue forme a priori. Secondo il filosofo ogni conoscenza inizia con l'esperienza, ossia con la percezione degli oggetti esterni da parte dei sensi. Il termine "estetica" dunque, è utilizzato nel suo significato originario (derivato dalla parola greca aisthesis, "sensazione"), in riferimento non a una teoria del bello o del gusto, bensì ai principi dell'intuizione sensibile.

Kant afferma che la sensibilità ha una duplice fisionomia: "passiva", in quanto riceve dall'esperienza esterna i dati percettivi, ma è anche "attiva", in quanto organizza il materiale che riceve dall'esterno attraverso due forme a priori: lo spazio e il tempo.

L'Analitica trascendentale


Kant aggiunge 2 categorie e le raggruppa in 4 classi. Prende spunto dalla logica medievale che parlava di 4 tipologie di giudizio (affermazione e negazione come le proposizioni apofantiche di Aristotele):

  • giudizi secondo quantità
  • giudizi secondo qualità
  • giudizi secondo relazione
  • giudizi secondo modalità

Il fatto che l'uomo usi le categorie, non significa che siano efficaci. Kant presenta questo problema come il più difficile di tutta la sua speculazione, è la parte più oscura della critica della ragion pura. Avverte lui stesso il lettore. È un problema che si pone perché non è idealista (la realtà non è prodotta dal soggetto, ma ha una sua autonomia), né realista (la mente è uno specchio capace di riflettere la realtà così come è, non mette in dubbio la capacità che ha l'uomo di conoscere il mondo). 
Kant è un critico e perciò pensa che la realtà esista esternamente al soggetto, ma che viene appresa attraverso i filtri che deformano la realtà. Si tratta di capire se i filtri siano reali. Kant osserva come gli oggetti della conoscenza possano essere pensati. È necessario che a capo vi sia un soggetto avente la possibilità di affermare la sua attenzione su ciò di cui si fa esperienza. Si presuppone un centro unificatore della conoscenza.

La Dialettica trascendentale


In quest’opera, Kant vuole dimostrare tutti gli errori commessi dalla ragione quando vuole spiegare il noumeno (ciò che sta oltre l’apparenza).
I tre errori sono:

  • Idea dell’anima: l’errore che la ragione commette sull’idea dell’anima nasce quando la ragione applica la categoria della sostanza all’Io penso, dando una corporeità all’Io penso.
  • Idea cosmologica: secondo Kant, l’uomo applica la categoria della totalità a delle esperienza sensibili errando perché, secondo lui, l’esperienza sensibile è percepita attraverso l’intuizione spazio-temporale, non si può applicare ai dati sensibili. 
  • Idea teologica: Kant critica l’idea ontologica che ha sempre caratterizzato i teologi che volevano dimostrare l’esistenza di Dio.

Kant dice che è abituato a cogliere solo attraverso i suoi sensi, contesta la prova causa-effetto: chi ha dimostrato che esiste una causa prima?

Conclusione: la nostra ragione erra quando si appropria ed applica le categorie dell’intelletto a idee che non son tali (quella dell’animo e dell’Io penso, del cosmo e di Dio).
Kant dà più importanza all'intelletto ruolo; spinge l’intelletto ad andare sempre oltre le sue conoscenze e le sue scoperte, sbaglia quando vuole superare i limiti dell’intelletto.

Il problema della morale nella Critica della ragion pratica

Secondo il filosofo il criterio dell'azione risiede nell'uomo e, in particolare, in una legge morale iscritta nel suo animo quale "fatto della ragione" incondizionato e universale, che s'impone come dovere. Distinguendo tra imperativi ipotetici (condizionati, del tipo "se vuoi essere onorato, rispetta la parola data") e imperativi categorici (incondizionati, del tipo "non mentire mai"), Kant sostiene che la morale si fonda solo e unicamente su questi ultimi.

 L'etica kantiana, pertanto, si configura come un'etica "formale", in quanto non prescrive comportamenti particolari, bensì solo la "forma" delle azioni morali che, per essere tali, devono corrispondere al principio di universalizzazione.

Kant poi, amplia tale principio attraverso tre celebri formulazioni dell'imperativo categorico:
  1. agisci, "soltanto secondo quella massima che puoi volere che divenga una legge universale"
  2. "agisci in modo da trattare l'umanità sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo"
  3. agisci in modo tale che "la volontà possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice"
Dio e l'anima non sono oggetto di dimostrazione, ma rappresentano una ragionevole speranza per l'uomo. In ciò consiste il "primato" della ragion pratica rispetto alla ragion pura: sul piano pratico la ragione ammette proposizioni che sarebbero inammissibili dal punto di vista teoretico.

Il problema estetico nella Critica del giudizio

Questo problema viene affrontato nella terza Critica, in cui Kant analizza il "sentimento" che egli considera intermedio tra l'intelletto e la ragione e che identifica con la facoltà del giudizio: è attraverso esso che l'uomo coglie la bellezza delle cose e fa esperienza delle finalità insita nel reale.

La prima parte della Critica è dedicata all'analisi del giudizio "estetico", e si sofferma sui concetti di "bello" e di "sublime". Il giudizio estetico è puramente contemplativo e disinteressato: non riguarda l'oggetto in sé, bensì la sua rappresentazione e il piacere che suscita.
Esiste, in tutti i soggetti, un "senso comune", che permette di cogliere l'accordo sussistente tra l'immagine della cosa e le nostre esigenze di unità e finalità. In tale accordo e armonia consiste la bellezza, che dunque non appartiene alla cosa, ma al soggetto.

L'ultima riflessione della Critica è dedicata al giudizio teleologico (finalistico), il quale coglie anche nella natura la presenza di scopi e finalità. Ma si tratta solo di un'esigenza propria dell'uomo, che lo porta a ricercare le cause finali dei fenomeni naturali e che sfocia in un'evitabile visione teologica.



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