giovedì 27 dicembre 2018

2. Dio come garante dell' "evidenza"

La certezza del cogito appare a Cartesio come la verità più stabile e sicura, che non potrebbe vacillare neppure sotto colpi delle più stravaganti supposizioni degli scettici. Da dove deriva questa certezza? In altri termini, perché la proposizione "Io penso,dunque io sono" deve considerarsi assolutamente vera? La risposta di Cartesio è che la verità del cogito dipende dal fatto che io la intuisco come assolutamente chiara e distinta.


Il soggetto, è certo delle proprie idee, che sono l'oggetto immediato del pensiero stesso, vale a dire le rappresentazioni che il soggetto ha nell'atto del pensare. A differenza di quelle platoniche, che avevano una realtà autonoma e indipendente dal soggetto nell'iperuranio, le idee per Cartesio ineriscono alla mente.


Il filosofo distingue tre categorie:


  • le idee avventizie, che ci provengono dall'esterno
  • le idee fattizie, costruite da noi stessi 
  • le idee innate, che non possono derivare dall'esterno o da una mia creazione, ma che sembrano "nate con me"
Se il soggetto, come soggetto pensante, può essere sicuro dell'esistenza delle idee in quanto oggetti del pensiero, non può essere certo della realtà delle cose che in queste idee rappresentano, perché potrebbe essere ingannato dal genio maligno che gli fa credere  esistenti cose create dalla sua immaginazione.

L'unico modo per scoprire se alle idee che possediamo nella mente corrisponde effettivamente una realtà esterna è interrogarsi sulle loro cause. Il principio che guida il ragionamento del filosofo è che la causa di un'idea non può contenere minore perfezione e realtà dell'idea che produce; in altre parole, ogni idea deve necessariamente avere una causa che sia a essa proporzionata.
Il soggetto come essere pensante

Guadagnata la certezza della propria esistenza, Cartesio si volge a chiarire qual è la natura di tale esistenza; egli si chiede, cioè, se grazie al cogito sia possibile sostenere con sicurezza l'esistenza del corpo e del mondo al di fuori di sé. La risposta del filosofo è che la certezza che scaturisce dal cogito investe soltanto e unicamente il pensiero e le sue determinazioni essenziali: il dubitare, il negare, l'affermare, il concepire, l'immaginare, il sentire, il volere.

La conclusione cartesiana, per cui il cogito rappresenta la verità originaria che consente di sconfiggere il dubbio e di procedere alla riedificazione di tutte le altre verità, costituisce l'atto di nascita del "razionalismo" moderno, cioè la corrente filosofica basata sull'assunto che ogni conoscenza derivi dall'attività razionale del soggetto.


Le critiche al cogito

Vista l'importanza del cogito, gli studiosi si sono ripetutamente interrogati sulla struttura logica che esso presenta. 
La domanda che viene spontanea è: siamo davanti a un ragionamento deduttivo? Partendo dalla presenza dell'ergo ("dunque") nella formula cartesiana, già i suoi contemporanei accusarono il filosofo di aver adoperato un sillogismo in cui manca la premessa maggiore. 
Per esprimerlo in tutta la sua completezza, tale sillogismo dovrebbe avere la seguente forma:
  1. premessa maggiore: "tutto ciò che pensa esiste"
  2. premessa minore: "io penso"
  3. conclusione: "dunque, io esisto"
Il cogito non rappresenterebbe, dunque, la conoscenza prima e certissima su cui tutto il resto deve fondarsi, ma dipenderebbe da un'altra premessa (implicita) non sottoposta al dubbio né dimostrata ("tutto ciò che pensa esiste"). I contemporanei accusarono Cartesio, pertanto, di aver utilizzato quella logica aristotelica da cui voleva distaccarsi.
Il cogito

A questo punto Cartesio apre la "Seconda Meditazione" citando l'esempio di Archimede che, per sollevare il mondo, chiedeva un solo punto saldo e immobile d'appoggio su cui fare leva. Il filosofo  ha la medesima esigenza: ricerca un fondamento solido e sicuro per la conoscenza, dopo essersi spinto fino alla demolizione di ogni certezza. Il suo è un modo di procedere di tipo "genetico", perché si fonda sulla convinzione che, scoprendo una sola conoscenza certa e indubitabile, sarà possibile far derivare da essa altre conoscenze dotate dello stesso carattere e adoperare, quindi, soltanto queste idee come materiale da costruzione del nuovo edificio della scienza.

Io posso ammettere di dubitare tutto, di ingannarmi ed essere ingannato, ma di una sola cosa devo essere assolutamente certo, vale a dire del fatto che per ingannarmi (o essere ingannato) devo esistere: io penso, io esisto.
Pur avvolto nelle nebbie del dubbio radicale e universale, devo ritenere  di aver raggiunto almeno una verità certa e indiscutibile, una proposizione della cui certezza non posso più dubitare.
Io penso, dunque io esisto ( in latino cogito, ergo sum): ecco l'unica verità che il dubbio non può scalzare.
Dubbio metodico e dubbio iperbolico

La prima regola del metodo prescrive di accettare come vero soltanto ciò che si presenta evidente. Ma come fare in concreto? Occorre applicare il dubbio in modo rigoroso, assumerlo come procedimento metodologico per valutare se sussiste qualcosa che inevitabilmente si sottrae ad esso. Per questo il dubbio cartesiano viene definito "metodico"

Il filosofo nelle Meditazioni metafisiche mette in dubbio, a ondate successive, l'intera realtà, a partire da quella sensibile: ai sensi a volte ci ingannano. E' prudente, dunque, non dar loro completa fiducia. Per il filosofo, tuttavia, ci sono conoscenze che dobbiamo considerare vere sia da svegli sia in sogno. Tali conoscenze sono quelle semplici e chiare dell'aritmetica e della geometria, che ci dicono, ad esempio, che 3+2 = 5 e che il quadrato ha quattro lati.
In realtà, per quanto appaiono chiare ed evidenti, anche su queste verità è possibile esercitare il dubbio. Infatti, finché non abbiamo raggiunto un punto certo, possiamo supporre di essere stati creati non da un Dio buono e saggio, ma da un genio maligno che ci vuole ingannare, facendoci credere che 3+2 = 5 mentre in realtà non è così. 
La conclusione è che devo supporre che tutto ciò che vedo, sento, immagino e giudico sia falso e ingannevole: il dubbio ha raggiunto così la sua più vasta estensione possibile, è diventato universale, iperbolico.

domenica 23 dicembre 2018

Dal dubbio metodico all'intuizione del cogito


Cartesio ha una visione fondamentalmente e ottimistica dell' impresa filosofica. Egli ritiene infatti che la conquista del sapere non sia impossibile né difficile, a patto che si osservino alcune regole essenziali nella ricerca della verità, ossia che si adotti un adeguato metodo d'indagine. 

All'inizio del Discorso sul metodo l'autore sottolinea che il "buon senso", ovvero la capacità di discendere il vero dal falso e di accostarsi alla verità, è "la cosa meglio distribuita nel mondo" in quanto tutti gli uomini la possiedono. Ne segue che "la diversità delle nostre opinioni non deriva dal fatto che alcuni sono più ragionevoli degli altri, ma soltanto dal fatto che noi conduciamo i nostri pensieri per vie diverse e non prendiamo in considerazione le stesse cose. Infatti non basta esser dotati di una buona intelligenza: l'essenziale è applicarla bene"

Il problema del metodo

Fin dall'opera giovanile Regole per la guida dell'intelligenza, Cartesio osserva che l'aritmetica e la geometria, dispongono di un ottimo metodo, poiché sono discipline che vertono su un oggetto ben definito e chiaro e non ammettono nulla che non sia supportato da rigorose dimostrazioni. Si tratta quindi di prendere coscienza del procedimento matematico, di generalizzarlo in modo da renderlo disponibile anche per le altre discipline e, soprattutto, di dargli un solido fondamento.

Le quattro regole del metodo cartesiano

Riportiamo di seguito la formulazione completa delle quattro regole che secondo Cartesio deve seguire chi intende intraprendere la ricerca della verità.

  • La prima è la regola dell'evidenza, e prescrive di accogliere come vero soltanto ciò che è evidentemente tale. Secondo Cartesio la chiarezza e la distinzione sono i contrassegni della verità. Un'idea è chiara quando si afferma in modo vivido e immediato. Un'idea è distinta quando è separata da ogni altra e definita in se stessa.
  • La seconda è la regola dell'analisi, che prescrive di dividere ogni problema nelle sue parti elementari: risolte individualmente, esse rendono più facile la soluzione del problema stesso.
  • La terza è la regola della sintesi, che prescrive di procedere nella conoscenza passando dagli oggetti più semplici a quelli più complessi, attraverso gradi successivi. Tale regola presuppone l'idea che tutte le verità derivino le une dalle altre, secondo un ordine deduttivo-matematico, e siano legate reciprocamente tra loro.
  • La quarta è la regola dell'enumerazione, che prescrive di fare sempre enumerazioni complete e revisioni generali, così da essere sicuri di non omettere nulla. Essa invita a verificare attentamente che non venga dimenticato nessun elemento importante e che, durante la sintesi (terza regola), non venga trascurato nessun rapporto necessario di interdipendenza che collega una conoscenza all'altra.


venerdì 21 dicembre 2018

1. Cartesio e la ricerca del fondamento del sapere

"M'era d'uopo prendere a disfarmi di tutte le opinioni ricevute per cominciare tutto di nuovo dalle fondamenta, se volevo stabilire qualche cosa di fermo e di durevole nelle scienze." 

Cartesio, Meditazioni metafisiche


Cartesio è un pensatore della massima importanza, da molti considerato il "padre della filosofia moderna" per aver messo radicalmente in discussione il sapere tradizionale e aver spostato il fulcro della ricerca filosofica sul soggetto e sulla sua razionalità. Scoprire le reali possibilità della ragione umana: ecco il progetto cartesiano, il filosofo francese si interroga sui meccanismi di funzionamento della conoscenza umana.

Egli inizia il proprio percorso di ricerca accogliendo la sfida dello scetticismo e mettendo in dubbio l'intero sistema delle conoscenze.  La sua insoddisfazione nasce in particolare dall'assenza di un metodo sicuro e affidabile capace di confrontarsi con le conquiste della scienza e della matematica; queste ultime, a suo avviso, sono caratterizzate da assoluto rigore e coerenza. 

A differenza dello scetticismo, così diffuso nella sua epoca, il suo "dubbio" non è fine a se stesso, ma rappresenta un mezzo per sgombrare il terreno dalle opinione false accumulatesi nei secoli e raggiungere poche verità, chiare e distinte, su cui fondare il nuovo edificio del sapere.


domenica 4 novembre 2018

Montaigne e la ricerca di un nuovo equilibrio spirituale

Montaigne afferma che l'uomo è un essere incostante e debole che possiede una natura incompleta e mancante dunque non può essere considerato il fine dell'universo (critica l'antropocentrismo)

Sostiene nei Saggi:


  • il relativismo culturale secondo cui l'uomo europeo non è superiore agli altri popoli e occorre rispettare tutte le culture, soprattutto quelle non corrotte dalla civilizzazione

  • una posizione di "umile" scetticismo secondo cui non c'è alcuna opinione o dottrina che si possa definire in assoluto superiore a un'altra infatti non ci sono criteri oggettivi di valutazione →  riconoscimento dei limiti della ragione

  • una posizione di epicureismo moderato secondo cui occorre ricercare la salute e l'equilibrio psicofisico che si ottengono con la moderazione e il rifiuto degli estremismi per questo è opportuno che l'uomo coltivi la filosofia che ci distanzia dalle cose terrene e ci insegna a controllare la paura





La filosofia della natura di Giordano Bruno

Durante il Rinascimento incontriamo una grande personalità filosofica, Giordano Bruno, l'entusiasta cantore della natura, oltre che della rivoluzione astronomica avviata da Copernico. Egli è l'artefice della moderna concezione dell'infinito, arrivando ad affermare che l'universo è uno spazio infinito, costituito da infiniti mondi. Tale concezione si fonda sull'assunto che l'universo abbia una causa e un principio primo infinito, che si identifica con Dio

Sostiene, poi, che Dio è immanente nella natura in quanto costituisce l'anima del cosmo che informa e plasma la materia e come tale è conoscibile dall'uomo.

Esalta la tecnica e lo spirito d'iniziativa dell'uomo infatti l'uomo è superiore agli animali perché possiede intelletto e le mani ossia gli strumenti con cui manipola e conosce le cose del mondo in vista del progresso tecnico e scientifico.

Indica la natura come il vertice della conoscenza infatti essa è oggetto dell'ardore conoscitivo dell'uomo ( eroico furore) il quale:

  • riesce a sottrarsi ai desideri bassi e volgari
  • scopre di essere egli stesso natura (mito di Atteone)





La rivoluzione scientifica di Galilei...

Tra il Cinquecento e gli inizi del Settecento si assiste in Europa a un rapido progresso delle scienze , che determina non solo l'acquisizione di nuove conoscenze, ma anche l'elaborazione di un nuovo metodo basato sull'osservazione dei fenomeni naturali e sull'applicazione del calcolo matematico. 

Tale straordinario evento è indicato con l'espressione "rivoluzione scientifica" in quanto ha segnato una profonda trasformazione nella mentalità e nella visione del mondo. 

I suoi protagonisti più importanti sono Copernico, Brahe, Keplero, Galilei, Bacone e Cartesio; a essi dobbiamo aggiungere Isaac Newton il quale può essere considerato il fondatore della fisica classica.

Galileo Galilei dimostrava la verità della teoria eliocentrica copernicana la quale non è in contrasto con la Bibbia infatti la fede e la scienza hanno competenze e linguaggi diversi

Critica il "principio di autorità" che determina un sapere astratto caratterizzato da finalismo ed essenzialismo "il mondo di carta"

Elabora il metodo scientifico articolato (fondato sulla concezione matematica dell'universo e della natura e la distinzione tra qualità oggettive e qualità soggettive) in:


  1. "sensate esperienze" cioè le esperienze compiute mediante i sensi → momento osservativo-induttivo
  2. "necessarie dimostrazioni" cioè i ragionamenti condotti sulla base logico-matematica →  momento ipotetico-deduttivo
  3. "cimento" o verifica ovvero la prova dei ragionamenti scientifici attraverso le procedure sperimentali



domenica 30 settembre 2018

Blade Runner


Blade Runner è un film di fantascienza del 1982, diretto da Ridley Scott.

Il lungometraggio è ambientato nel 2019 in una Los Angeles distopica,  dove replicanti dalle stesse sembianze dell'uomo vengono abitualmente fabbricati e utilizzati come forza lavoro nelle colonie extra-terrestri. I replicanti che si danno alla fuga o tornano illegalmente sulla Terra vengono cacciati e "ritirati dal servizio", cioè eliminati fisicamente, da agenti speciali chiamati blade runner. La trama ruota attorno a un gruppo di androidi recentemente evasi e nascostisi a Los Angeles, e al poliziotto Rick Deckard, ormai fuori servizio ma che accetta un'ultima missione per dare loro la caccia.



martedì 18 settembre 2018

Campanella e l'esaltazione della scienza e della tecnica

Al pensiero di Telesio si ispira Tommaso Campanella (nato in Calabria nel 1568) accusato di eresia per l'adesione al naturalismo e al senatismo filosofico cosentino.

L'aspetto filosofico da sottolineare è la rivalutazione culturale e pedagogica della natura, tipica dell'età umanistica-rinascimentale. Campanella rigetta la cultura libresca, appellandosi all'esperienza diretta della realtà.

Egli interpreta la fisica di Telesio alla luce di suggestioni tratte dalla magia e dalla metafisica, che lo portano  sostenere l'universale animazione di tutte le cose del mondo. Queste sono dotate di sensibilità. L'esperienza sensibile è per il filosofo calabrese il fulcro dell'attività conoscitiva: a differenza della ragione, infatti, i sensi non hanno bisogno di prove e garantiscono una conoscenza certa.

Il fondamento ultimo di una natura intesa come totalità organica è Dio, che crea e governa il mondo attraverso tre principi fondamentali dell'essere:

  • la potenza, che rende ogni cosa necessariamente come dev'essere
  • la sapienza, da cui deriva l'armonia che regge il mondo
  • l'amore, che indirizza ogni cosa verso il suo fine supremo
L'opera più nota di Campanella è "La città del sole". Un testo che appartiene al genere letterario dell'utopia (dal greco outopos, "non" e "luogo", per indicare un luogo che non c'è, ideale). In questo testo Campanella propone un modello ideale di società, che egli illuse di poter realizzare concretamente: a tal fine ordì la Calabria una congiura contro gli Spagnoli che occupavano il regno di Napoli.

L'opera si svolge come un dialogo tra un nobile e un navigatore genovese: quest'ultimo racconta la storia di una città che ha potuto visitare in un'isola equatoriale, città in cui la famiglia è abolita, la proprietà privata e la schiavitù aborrite, il lavoro considerato un grande valore che nobiltà l'uomo. In questa società il potere è affidato a un sommo sacerdote, Sol, e a tre ministri: Pon, Sir e Mor:
  1. Pon: rappresenta la potenza, a cui spetta il controllo dell'attività bellica
  2. Sir: rappresenta la sapienza, a cui spetta il controllo delle scienze e delle arti
  3. Mor: rappresenta l'amore, a cui spetta la salute e la riproduzione.
Egli inoltre riserva anche una grande attenzione alla formazione dei ragazzi, sottolineando non solo la necessità di un'istruzione basata sull'osservazione diretta delle cose, ma anche il bisogno di sradicare dal mondo l'ignoranza, fronte di tutti i mali.




Telesio: il nuovo sguardo alla natura

Un aspetto della civiltà rinascimentale è il nuovo modo di guardare alla natura, quest'ultima comincia a essere esplorata con gli occhi dello scienziato, che osserva, analizza, avanza ipotesi e spiegazioni.


Tale concezione è già in parte presente in un'opera del pensatore calabrese Bernardino Telesio intitolata La natura secondo i propri principi. In essa l'autore, staccandosi dalla visione metafisica medievale, afferma che l'uomo non deve imporre schemi a priori alla natura, ma deve scoprire le leggi specifiche che ne regolano la vita e che sono sconosciute ai più.

Queste leggi per Telesio, si identificano con l'azione di due forze contrastanti, il caldo, principio di movimento e forza dilatante. E il freddo, forza condensante e principio di immobilità, le quali nell'universo si applicano alla materia intesa come sostrato fisico inerte. Come aveva già detto Aristotele(secondo cui la forma e la materia non potevano mai darsi separatamente), per Telesio le forze e la materia non possono mai essere separate. Le prime agiscono solo infondendosi in un corpo materiale; la seconda  viene continuamente formata e trasformata dall'azione dei principi agenti.

La sostanza ha un carattere dinamico, consistendo in una storia incessante di generazione, trasformazione e rigenerazione. Secondo Telesio, i filosofi e gli scienziati non hanno avuto l'umiltà di osservare come le cose si verificano effettivamente, ma hanno proiettato su di esse caratteristiche e proprietà che esistevano soltanto nella loro immaginazione e si sono costruiti "un mondo a loro arbitrio".

L'accusa rivolta alla scienza del passato è dunque di essere boriosa, superba e incurante dell'autentica realtà del mondo fisico. Telesio invita l'intellettuale a "indagare il mondo e le sue singole parti".




Le fasi della filosofia moderna

La filosofia moderna attraversa la storia culturale e ideale dell'Europa dal XV al XVIII secolo.
E' necessario distinguere i seguenti nuclei tematici:

  • l'Umanesimo e il Rinascimento, periodi che costituiscono il momento aurorale della modernità
  • la rivoluzione scientifica e la nuova immagine dell'uomo e della natura
  • l'illuminismo e la fede nel progresso civile e morale dell'umanità
  • l'idealismo tedesco che esalta la fede nella religione, nello spirito, nel progresso e nell'inevitabile esito di civilizzazione della storia
Il comune denominatore di questo periodo è costituito dalla fiducia ottimistica nell'individuo, nelle sue capacità conoscitive e tecniche, e nel progresso civile e morale della storia.
Padova e la tradizione aristotelica

A Padova si approfondisce la tradizione del pensiero aristotelico. Le varie correnti di aristotelici, che fanno capo ai diversi commentari delle opere del filosofo greco (in particolare Averroè e Alessandro di Afrodisia), sono accomunate da una mentalità razionalistica e naturalistica.

Il più importante tra gli aristotelici è Pietro Pomponazzi affermando che la vera essenza dell'uomo è quella corruttibile e corporea. L'immortalità dell'anima è attestata dalla fede, ma non dalla ragione naturale, e le motivazioni della religione non devono intervenire né interferire nel campo della filosofia.

In conclusione possiamo osservare che le due correnti sono l'espressione del bisogno rinascimentale di libertà intellettuale. L'esigenza di rinnovamento religioso propria del platonismo si collega alla profonda e radicale innovazione spirituale della Riforma protestante; il naturalismo razionalistico, anticipa e prepara la nuova visione della natura alla base dell'imminente rivoluzione scientifica.


L'Accademia platonica di Firenze

I motivi che favoriscono la diffusione della filosofia umanistica e rinascimentale sono di diversa natura; tra questi rientra il rifiorire dell'economia e della vita civile dopo la crisi demografica e produttiva del Trecento. In questo contesto gli intellettuali abbracciano un ideale di vita derivante dai classici, che contempera l'eccellenza del sapere con le esigenze della vita pratica.

Ad esempio, nella Firenze dei Medici era sorta per impulso di Marsilio Ficino l'Accademia platonica. Secondo Ficino esiste un'unica tradizione filosofico-religioso (la cosiddetta "teologia platonica"). Essa rappresenta il progressivo rivelarsi dell'unica verità divina, che tocca al filosofo approfondire e chiarire mediante il discorso razionale.

E' partendo da tale presupposto che Ficino cera di rafforzare l'accordo tra platonismo e cristianesimo. La sua tesi più celebre è quella dell'anima come copula mundi ("copula del mondo"). Essa è in rapporto sia con le cose mortali, sia con le essenze immortale e costituisce un legame tra il finito e l'infinito. Tale funzione mediatrice è resa possibile dal fatto che l'anima è sostanzialmente amore, forza cosmica che sospinge l'universo verso Dio.

Come si può osservare, tale concezione di matrice neoplatonica riflette lo spirito più profondo del Rinascimento, che pone l'uomo al centro dell'indagine filosofica.

La centralità dell'uomo e la sua superiorità rispetto alle altre creature è anche il tema dell'opera principale di Giovanni Pico della MirandolaDe hominis dignitate. Per Pico l'uomo è un essere intermedio, che possiede le caratteristiche di tutti gli altri esseri dell'universo e pertanto può influire sulla sua stessa natura, decidendo di abbassarsi alle creature inferiori o di innalzarsi a quelle superiori. Questo processo di elevazione spirituale può essere ottenuto solo recuperando la vera sapienza che si trova dispersa nelle varie filosofie e riportandone i principi all'unità.



La riscoperta di Platone e Aristotele

La centralità dell'uomo, il ritorno alle origini e la valorizzazione della ragione rappresentano i temi fondamentali della cultura umanistico-rinascimentale. Essi si ritrovano nelle due principali correnti del pensiero che caratterizzano l'epoca: quella dei platonici e quella degli aristotelici. Con l'Umanesimo si verifica una vera e propria riscoperta di Platone, le cui opere vengono conosciute integralmente grazie alla traduzione in latino realizzata da Marsilio Ficino.

Contemporaneamente anche gli studi aristotelici subiscono una profonda rivisitazione, dovuta alle nuove traduzioni delle opere del filosofo, attraverso tali traduzioni e i relativi commenti si intende recuperare l'autenticità della filosofia aristotelica al di là delle superate e complesse interpretazioni scolastiche e medievali.

Nella disputa tra platonici e aristotelici si evidenzia la contrapposizione tra due diversi orientamenti culturali: se i platonici sono interessati a una rinascita spirituale e religiosa e vedono nel platonismo l'espressione più alta della religiosità antica, gli aristotelici trovano nei testi di Aristotele uno stimolo per l'approfondimento della ricerca razionale e naturalistica. I centri geografici di queste due correnti sono rispettivamente Firenze per il platonismo e Padova per l'aristotelismo.







Schema Riassuntivo



Umanesimo → ha origine nel Quattrocento nelle città italiane, in particolare Firenze
centralità della riflessione sull'uomo, la sua dignità e libertà
     interesse per le humanae littereae




Rinascimento → si diffonde nel Cinquecento in Italia e in Europa (Francia, Paesi Bassi, Germania)
rinnovamento in tutti i campi: artistico, filosofico, religioso e scientifico
critica della cultura scolastico-medievale
ritorno al principio: agli antichi e al cristianesimo originario (Riforma protestante)
nuova attenzione per la natura
La Riforma protestante e il libero esame delle Scritture

Al di là delle conseguenze che la Riforma protestante ebbe in campo religioso è importante sottolineare la rilevanza filosofico-culturale del suo principio cardinale: il "libero esame"delle Scritture, affermato da Martin Lutero. Questo principio sosteneva che ogni fede si doveva rapportare direttamente al testo sacro. Esso inoltre si collegava all'esigenza tipicamente umanistica e rinascimentale di "ritornare alle fonti" cioè alle origini del cristianesimo, recuperando la dimensione dell'interiorità della fede.

Il ruolo della chiesa viene messo in discussione da Lutero, il quale nega il suo valore di mediatrice tra l'uomo e Dio: ogni credete è in grado di cogliere la verità contenuta nelle Scritture, senza bisogno dell'interpretazione del sacerdote, cosi non è la chiesa a dispensare la grazia di cui l'uomo ha bisogno per salvarsi, in quanto solo Dio detiene tale potere. Le opere e le azioni dei fedeli non valgono nulla nella conquista del perdono; esclusivamente la fede, che è un dono divino, può portare gli uomini alla salvezza, evitando loro la dannazione.
Il Rinascimento: dalla lezione degli antichi...

Il termine "Rinascimento" che connota al Cinquecento, indica quel complesso periodo in cui si assiste a un profondo rinnovamento"rinascita" in tutti i campi, da quello artistico a quello religioso, da quello filosofico a quello scientifico. Si tratta di una fase in cui si manifesta una negativa considerazione per il Medioevo, bollato come un'età di transazione, priva di un reale valore culturale, ma che allora era condiviso dalla maggior parte dei pensatori.

Gli intellettuali dell'epoca si riallacciano idealmente ai grandi filosofi della Grecia: lo studio rigoroso dei testi classici è concepito come funzionale a un reale progresso pratico degli uomini. La lezione degli antichi deve servire da stimolo per una nuova sintesi filosofica, basata unicamente sulle risorse intellettuali e morali umane e sulla conoscenza scientifica.


... al dinamismo della società civile


Nel concetto di Rinascimento emerge con maggior forza l'idea secondo cui la cultura classica si offre come stile di vita e si diffonde oltre le mura delle accademie per raggiungere la società civile, che acquista un nuovo dinamismo anche grazie alle scoperte geografiche, alla stampa e alle conquiste della tecnica.

Un altro aspetto da sottolineare è che, mentre l'Umanesimo aveva trovato il suo fertile terreno nelle città italiane, Firenze in particolare, il Rinascimento pur avendo sempre come centro l'Italia, si diffonde nel resto d'Europa, nei Paesi Bassi e in Germania. Proprio in Germania si sviluppa una componente fondamentale della rinascita spirituale dell'eta moderna, ossia la Riforma protestante. 
La diffusione del latino e la circolazione delle idee

La filologia diventa con l'Umanesimo una scienza vera e propria, accurata e precisa, ed è anche grazie ad essa che si diffonde in Europa la conoscenza delle lingue greco e latino, in cui erano stati redatti i testi classici. Il latino diventa nel quindicesimo secolo la lingua ufficiale della nuova Europa.

La diffusione del latino come lingua della comunicazione filosofica e letteraria deve essere apprezzata in quanto va a costriure un formidabile mezzo per la circolazione delle nuove idee umanistiche e scientifiche. Tale risultato è reso possibile anche grazie ad una delle conquiste più importanti della modernità: la stampa a caratteri mobili (Gutenberg)

La lingua latina cederà poi i passo alle lingue volgari, che rappresentano un ulteriore momento di allergamento della cultura ai ceti borghesi e mercantili. 
L'approccio filologico alla cultura classica

Gli umanisti, mirano a ripristinare il testo nella sua forma originale, attraverso il confronto delle diverse redazioni esistenti e l'intelligente interpretazione del pensiero degli autori antichi, alla ricerca di ciò che avevano veramente detto Platone e Aristotele, Virgilio e Cicerone.

In quest'ottica possiamo comprendere perché è precisamente nell'età dell'Umanesimo che si scoprono numerosi casi di "falsi", come mostra l'esempio dell'umanista Lorenzo Valla, il quale con la sua opera filologica, dimostra la non autenticità di un importante documento, la Donazione di Costantino (in cui l'imperatore Costantino avrebbe concesso al papa la giurisdizione politica su Roma, l'Italia e l'intero Impero romano d'Occidente). Lorenzo Valla si accorse che fosse un falso poiché trovò delle parole che nel periodo in cui venne scritto il testo non potevano essere usate (latino). 
L'Umanesimo e lo studio delle humanae litterae

L'Umanesimo, è l'espressione con cui si vuole designare la cultura del Quattrocento e ha il suo fulcro geografico nelle fiorenti città italiane, in particolare Firenze. In questa città sorge una delle più importanti istituzioni culturali dell'epoca, l'Accademia platonica. 

Il termine "Umanesimo" allude a due concetti strettamente intrecciati tra loro:

  • in primo luogo desina la centralità che viene ad assumere la riflessione sull'uomo, considerato signore incontrastato della propria vita
  • in secondo luogo indica il nuovo indirizzo degli studi, humanae litterae e non più verso la "scienza divina" (ossia la teologia), è uno studio attento e curato, anche dal punto di vista linguistico, delle opere degli autori classici.
L'età moderna

Nel Quattrocento (e più precisamente nel 1492, anno della scoperta dell'America) si sviluppa il fenomeno dell'Umanesimo, che si propone il ritorno al mondo classico, per ridare importanza a una cultura che collocava al centro dei propri interessi l'uomo, la sua dignità e libertà. Si tratta di un progetto che prosegue nel Cinquecento, dall'arte alla filosofia, dalla ricerca sulla natura alle nuove tecniche, che si diffonde in Europa come "Rinascimento" anche in connessione con il nuovo ideale di rinnovamento religioso e spirituale. 

"Umanesimo" e "Rinascimento" affermano la centralità dell'uomo nel cosmo, una centralità che in qualche modo va a sostituire il ruolo che nel Medioevo aveva occupato Dio. Ciò non significa che i nuovi intellettuali siano atei, ma la loro religiosità si caratterizza per valorizzare la dignità dell'uomo, considerato artefice del proprio destino, cioè padrone e responsabile della propria vita.

I pensatori di quest'epoca infatti ritengono che Dio, creando l'uomo, gli abbia affidato anche il dominio sulla Terra e su tutte le altre creature. Per raggiungere questo obbiettivo è però necessario che egli si impadronisca dei segreti della natura attraverso lo studio dei suoi principi. Di qui il rinnovato interesse per il mondo naturale, non più ritenuto, come nel Medioevo, il luogo misterioso della manifestazione delle forze divine, ma dotato di leggi proprie, che devono essere conosciute e rispettate. L'accento dunque cade sull'intelligenza dell'uomo, una facoltà considerata perfettamente autonoma nel su sforzo conoscitivo.