venerdì 8 febbraio 2019

L'uscita dallo stato di natura e l'origine della società civile

Hobbes continua il suo ragionamento seguendo un procedimento rigorosamente deduttivo: essendo lo stato di natura caratterizzato da un'ostilità che rischia di distruggere la stessa natura umana, colui che desidera continuare a vivere in una tale condizione si contraddice, perché vuole al tempo stesso la propria vita e la propria morte.

Secondo Hobbes, se gli uomini vogliono sopravvivere devono evitare la lotta indiscriminata di tutti contro tutti e porre dei freni al proprio diritto soggettivo e alla illimitata libertà di ciascuno. Per avere la pace ognuno deve rinunciare al diritto naturale e incondizionato che presiede alla soddisfazione dei propri desideri.

La ragione suggerisce una serie di massime, cioè delle leggi naturali, tra cui Hobbes annoverà in primo luogo la ricerca della pace. Da questa legge fondamentale deriva la seconda massima, in base alla quale ogni uomo deve rinunciare volentieri al proprio diritto su tutte le cose, accontentandosi di avere tanta libertà rispetto agli altri quanta è concessa agli altri rispetto a lui.

Una volta che ognuno abbia rinunciato al proprio incondizionato diritto naturale, si verifica l'uscita dello stato di natura, attraverso un compromesso o patto che vincola i contraenti, ossia tutti gli individui. Ovviamente i patti devono essere rispettati, come prescrive la terza legge di natura: pacta servanda sunt. Se, infatti non si rispettassero i patti l'accordo preso si ridurrebbe a parole vacue e gli uomini resterebbero nello stato di guerra.

Da queste tre massime fondamentali derivano tutte le altre leggi, ad esempio quella della giustizia e dell'uguaglianza.

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