venerdì 8 febbraio 2019

L'esperienza dell'ostilità e del conflitto

Nei tempi drammatici in cui Hobbes vive, quando gli uomini si mettono in viaggio prendono con se le armi e si fanno accompagnare da qualcuno che li protegga; quando la notte vanno a dormire, chiudono a chiave tutte le porte in casa. 

Quale deve essere pertanto l'opinione che ognuno ha dell'altro, se si viaggia armati, si chiudono gli ingressi, non ci si fida neppure dei figli, dei famigliari e dei servitori?

E' innegabile che in ogni tempo i re e i governanti dei vari paesi si sono comportati come i gladiatori romani, con le armi puntate e gli occhi fissi l'uno sull'altro. In altre parole, per quanto le guerre combattute con le armi non costituiscano la norma, tuttavia la vita degli uomini è costellata di misure atte a difendersi da possibili attacchi o ad offendere gli altri al momento opportuno. Tutto ciò è un chiaro segno di quella predisposizione alla guerra che caratterizza la natura umana.

L'ostilità, il conflitto, la violenza sono dunque prerogative dello stato di natura. Bisogna precisare che tale concezione non costituisce tanto una realtà effettiva quanto un'ipotesi teorica razionale su ciò che potrebbe verosimilmente accadere nella società umana se non ci fosse una forma di potere superiore a regolamentare i rapporti tra gli individui.

Lo stato di natura si rivela un'ipotesi verificata in alcune circostanze di fronte alle quali diventano evidenti i rischi a cui l'umanità è continuamente esposta e la necessità di istituire ordinamenti giuridici che possono aiutare a contenerli.

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