venerdì 8 febbraio 2019

La prospettiva materialistica

Tutta la dottrina di Hobbes è incentrata sulla convinzione secondo cui gli individui sono animati dall'egoismo e mossi ad agire in vista del proprio interesse personale, in una condizione di perenne conflitto di tutti contro tutti.

Tale concezione deriva dalla prospettiva materialistica con cui Hobbes guarda all'uomo, considerandolo un essere interamente naturale e corporeo: per il filosofo, infatti, non solo le funzioni fisiologiche ma anche quelle mentali possono e devono essere spiegate in termini esclusivamente materiali, senza ricorrere a principi spirituali o ideali. 

Il materialismo è la considerazione filosofica secondo cui tutto è materia e lo spirito non esiste perché sarebbe contraddittorio ammetterne l'idea, dal momento che solo i corpi possono agire o subire un'azione. Il materialismo di Hobbes viene definito più propriamente "corporeismo", in quanto l'autore ritiene che esistano e siano conoscibili soltanto i corpi.

Scienza e linguaggio

A differenza di Galileo, che considerava la natura dotata "oggettivamente" di una struttura matematica e la scienza come una riproduzione concettuale di essa, Hobbes pensa che la scienza non rispecchi la realtà, ma sia soltanto un reticolo di concetti convenzionali.

L'uomo infatti non può conoscere le cause dei fenomeni, perché l'autore del mondo fisico è Dio. Al contrario, l'uomo può conoscere "scientificamente" la politica, in quanto questa è costruzione totalmente umana.
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L'invenzione della stampa, osserva l'autore, se comparata con l'invenzione dell'alfabeto non è una gran cosa. E' grazie al linguaggio che possiamo pensare ed esprimere il nostro pensiero: esso ci permette di "trasferire il nostro discorso mentale in discorso verbale, o la serie dei pensieri in una serie di parole" dice Hobbes.

Il linguaggio svolge due importanti funzioni.

  • Innanzitutto, serve a designare le cose, in modo tale che l'uomo possa sempre ricordarle e richiamarle alla memoria (funzione mnemonica). 
  • In secondo luogo, serve a far comprendere agli altri le cose che pensiamo e le connessioni che abbiamo stabilito tra esse.

Le parole come segni


E' proprio perché devono assolvere le funzioni elencate prima che le parole sono state chiamate dagli antichi signa, cioè "impronte", "tracce", segni convenzionali che hanno il compito di indicare concetti e cose. 

Ci sono parole che significano cose individuali e singolari (es. Pietro, Giovanni, quest'uomo, quest'albero); altre invece, che si riferiscono a molte cose (es. uomo, cavallo, albero), rispetto alle quali, prese nel loro insieme, sono denominate "universali"

L'universale è semplicemente una generalizzazione che si ottiene proprio attraverso i nomi; un nome universale è attribuito a molti elementi per la loro somiglianza rispetto a qualche quantità. Mentre un nome proprio evoca nella mente una cosa sola, gli universali ne richiamano molte.

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