La teoria dell'assolutismo politico
Contro la concezione aristotelica dell'uomo come "animale politico", Hobbes afferma che gli individui non possiedono un naturale istinto "socievole" o "amorevole" verso gli altri, essendo piuttosto dominati da sentimenti quali il bisogno e il timore.
Tale passioni caratterizzano per Hobbes lo "stato di natura", la condizione originaria antecedente la formazione della società, in cui regna la guerra di tutti contro tutti: in essa infatti, ogni persona mira a procurarsi ciò che serve alla propria sopravvivenza e autoconservazione, perseguendo il proprio bene a scapito di quello altrui.
In tale contesto non esiste limitazione al diritto dell'individuo, in quanto ciascuno può possedere, usare e godere di tutte le cose che vuole e che sono a portata di mano, e dunque è inevitabile la sopraffazione reciproca: ognuno è nemico dell'altro, avendo come unico pensiero ed esclusiva occupazione di prevenirne le mosse e di offenderlo prima di essere offeso.
Nello stato di natura non c'è spazio per dedicarsi al lavoro, alla scienza o alle arti, poiché i frutti sarebbero esposti alla minaccia costituita dall'invidia e dall'avidità degli altri. Quando si vive nel terrore di una morte improvvisa e violenta, non si può coltivare la terra, né praticare la navigazione, né costruire edifici o quant'altro. La vita dell'uomo in questo stadio è solitaria, misera, brutale e breve.
Lo stato di natura è la condizione ipotetica, in cui gli uomini vivono in predo al proprio egoismo, senza alcuna legge stabilita e concordata, e perseguono il proprio interesse a scapito degli altri.
Nessun commento:
Posta un commento