giovedì 27 dicembre 2018

Dubbio metodico e dubbio iperbolico

La prima regola del metodo prescrive di accettare come vero soltanto ciò che si presenta evidente. Ma come fare in concreto? Occorre applicare il dubbio in modo rigoroso, assumerlo come procedimento metodologico per valutare se sussiste qualcosa che inevitabilmente si sottrae ad esso. Per questo il dubbio cartesiano viene definito "metodico"

Il filosofo nelle Meditazioni metafisiche mette in dubbio, a ondate successive, l'intera realtà, a partire da quella sensibile: ai sensi a volte ci ingannano. E' prudente, dunque, non dar loro completa fiducia. Per il filosofo, tuttavia, ci sono conoscenze che dobbiamo considerare vere sia da svegli sia in sogno. Tali conoscenze sono quelle semplici e chiare dell'aritmetica e della geometria, che ci dicono, ad esempio, che 3+2 = 5 e che il quadrato ha quattro lati.
In realtà, per quanto appaiono chiare ed evidenti, anche su queste verità è possibile esercitare il dubbio. Infatti, finché non abbiamo raggiunto un punto certo, possiamo supporre di essere stati creati non da un Dio buono e saggio, ma da un genio maligno che ci vuole ingannare, facendoci credere che 3+2 = 5 mentre in realtà non è così. 
La conclusione è che devo supporre che tutto ciò che vedo, sento, immagino e giudico sia falso e ingannevole: il dubbio ha raggiunto così la sua più vasta estensione possibile, è diventato universale, iperbolico.

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